
Dal Museo del Gioiello in Basilica Palladiana a Vicenza, a quello della chiave della Keyline, da quello di Paoul dedicato alla calzatura da ballo ai due musei della distilleria Poli. La narrazione del passato aiuta a capire il futuro delle aziende e dei prodotti. E c’è chi, come l’Enel a Vittorio Veneto, che trasforma il produrre quotidianamente energia pulita, in un percorso di visita e formazione
di Roberto Turetta
Cultura è anche memoria collettiva. E per la memoria collettiva esistono i musei. Alcune imprese di Open Factory hanno fatto proprio questo concetto e ne hanno creato uno al proprio interno, in modo da mostrare come una produzione possa incidere nei costumi e nei ricordi di una comunità.
Partiamo da Keyline, fabbricatore di chiavi e di duplicatori con base a Conegliano, che grazie anche all’appartenenza al gruppo Bianchi 1770 è riuscita a mettere assieme una collezione di 2mila chiavi diverse di ogni epoca. L’avere a disposizione al proprio interno una raccolta ordinata è in primis una maniera per motivare i dipendenti nel proprio lavoro, per la capacità di far vedere il background di un oggetto così quotidiano ma molto importante, peraltro in una fabbrica che fa degli input da parte di tutti un valore aggiunto.
Si passa quindi a Paoul, stella delle calzature da ballo di qualità, che avendo conservato macchinari e scarpe nella propria sede padovana offre ai visitatori (su appuntamento) un viaggio tra l’evoluzione dell’artigianato calzaturiero e i cambiamenti del costume italiano; la presenza di uno spazio di questo tipo dà prestigio e fa capire il ruolo di punto di riferimento che ha avuto l’azienda.
Ancora più imponente il Museo del Gioiello allestito da Fiera Vicenza nel capoluogo berico. Il fatto che sia l’unica struttura del genere in Italia e una delle poche al mondo è garanzia di attenzione e curiosità da parte del pubblico. Inoltre, la collocazione all’interno di un edificio patrimonio dell’Unesco come la Basilica Palladiana e il lavoro in rete di certo stimolano l’interesse di molti turisti verso l’oreficeria, comparto che qui ha antica tradizione. La varietà dei vari tipi di gioielli esposti, oltre 400 suddivisi in nove aree tematiche, ha fatto il resto catalizzando dalla recente inaugurazione del 24 dicembre più di 30mila visite.
C’è poi chi di musei ne ha allestiti addirittura due. È il caso della famiglia Poli, storico produttore di grappa, che ha pensato di ricostruire le fasi di produzione dell’acquavite in due distinti siti a Bassano del Grappa e nel quartier generale della vicina Schiavon. Il loro scopo era di nobilitare questa bevanda per troppo tempo relegata a “scaldabudella”, in virtù dell’evoluzione degli ultimi decenni che ha portato a varietà più raffinate, anche per far apprezzare le scelte fatte nella lavorazione e nei macchinari per poterla definire autenticamente artigianale. Le due sezioni museali sono organizzate diversamente, ad accesso libero la prima visto il richiamo della città bassanese, su prenotazione l’altra.
C’è poi il caso della Centrale idroelettrica di Nove di Vittorio Veneto, costruita e gestita dall’Enel, che alla produzione energetica affianca iniziative culturali vere e proprie con l’apertura del proprio stabilimento alla gente. In questo modo oltre a giustificare quello che fa dal punto di vista economico e sociale, mette in atto una sensibilizzazione sui temi dell’energia pulita. Un impianto funzionante che nel contempo ha una valenza storica e di valorizzazione del territorio, con oltre 50mila persone che ad oggi lo hanno visitato.
Nel complesso, cinque esempi dove la memoria costruisce valore e non celebra un passato che non c’è più, ma corrobora le attività in essere.