Le nuove strade per creare valore per il cliente
giovanni costa

Per Giovanni Costa pensare di competere ancora creando valore giocando su delocalizzazioni e basso costo del lavoro è una strada senza uscita. Bisogna invece competere innovando il prodotto, differenziandone le prestazioni, il design, i contenuti di servizio per renderlo “unico” agli occhi del cliente

di Roberto Turetta

In questi anni di crisi profonda abbiamo assistito ad una divaricazione profonda nell’andamento delle imprese del nostro territorio (e non solo). Accanto a chiusure, stati di crisi, cessioni a gruppi stranieri, abbiamo assistito a fenomeni di segno inverso. Aziende che crescono, soprattutto nei mercati globali, altre che si agganciano a filiere vincenti di player internazionali, altre che riescono a crescere su nicchie di mercato che presidiano in termini di leadership. Si tratta, non di rado, di realtà di dimensioni significative, fortemente internazionalizzate, che hanno saputo generare redditività competendo non sui costi ma sull’innovazione e sulla creazione di valore per il cliente. Per Giovanni Costa, docente di strategia d’impresa all’Università di Padova, due sono appunto le le alternative strategiche per creare valore «Con la prima si può competere sul costo puntando a realizzare economie di scala produttiva o automatizzando il processo. Ma questo richiede investimenti e tecnologie oggi alla portata solo delle imprese di maggiori dimensioni; oppure puntando su segmenti più flessibili del mercato del lavoro delocalizzando la produzione. La delocalizzazione sorretta solo da differenziali di costo del lavoro senza prospettive di conquista di nuovi mercati porta a vantaggi effimeri facilmente imitabili dai concorrenti». Pensare ancora di percorrere questa vecchia strada – sembra dire Giovanni Costa – non ci porta più da nessuna parte. Invece, aggiunge, «con la seconda alternativa si può competere sul prodotto innovandolo, differenziandone le prestazioni, il design, i contenuti di servizio fino a renderlo “unico” agli occhi del cliente; in sintesi si tratta di massimizzare il valore trasferito al cliente sia esso il consumatore finale o un’altra impresa».

Se passiamo in rassegna alcune delle aziende che oggi apriranno le porte per Open Factory, gli esempi di quanto racconta Giovanni Costa non mancano, anche tra le aziende di dimensioni medio-piccole. Una, ad esempio è il gruppo RealCable di Pordenone, che produce cablaggi, quadri elettrici e pannelli di comando. Dall’avvio avvenuto 40 anni fa le diverse tipologie di produzione vengono seguite da sei aziende autonome, con una continua implementazione di nuove tecnologie volte sia al miglioramento del prodotto che alla sostenibilità ambientale (gli ultimi ritrovati con le lampade a Led); questo è possibile non soltanto grazie al reparto interno di ricerca e sviluppo, ma anche grazie alla scelta di insediarsi nel Polo Tecnologico di Pordenone e di associarsi al Distretto della componentistica e termoelettromeccanica Comet. Il Gruppo è cresciuto tra il 2013 e il 2014 di oltre il 10%, attestandosi ad un fatturato di oltre sei milioni e mezzo.

Di fatturato  e dimensioni assai più consistente è nella vicina San Vito al Tagliamento la Brovedani, che dal 1947 costituisce un riferimento internazionale per la componentistica. La sua storia è significativa: dopo lunghe esperienze nel settore degli elettrodomestici e dell’informatica, si concentra nell’automotive; è in questa nicchia che sviluppa i suoi quasi 60 milioni di fatturato e la capacità di competere anche in questi anni difficili. Tra i suoi punti di forza non va dimenticata la formazione interna (i “minimaster” li chiamano), un modello organizzativo basato sulla lean production e sull’attenzione all’interculturalità nel gestire il personale nelle filiali. «Quando i dipendenti si sentono a proprio agio, diventano più motivati e producono di più» sostiene la dirigenza. Entrambi i gruppi friulani hanno siti produttivi esteri ma cervello in Italia.

A Trieste troviamo invece la Orion Valves, che produce valvole per l’industria petrolifera, settore che per sua natura la proietta nei mercati globali tanto che il loro sito è esclusivamente in inglese. Dopo una storia abbastanza travagliata, da quando è stata acquisita nella società dei fratelli Farina nel 1996 ha conosciuto un nuovo corso caratterizzato da una crescita costante che l’ha portata a chiudere il 2014 a oltre 46 milioni di euro; l’azienda, con sede legale a Erba,  ha anch’essa puntato sulla formazione, requisito essenziale per vincere le nuove sfide del comparto, all’aumento di personale nei dipartimenti tecnici e la conseguente ricerca qualitativa attestata dalle certificazioni.

Queste, come molte delle altre storie delle aziende che oggi apriranno le loro porte, sembrano confermare che se la strada per superare definitivamente la Grande Crisi è forse ancora lunga, non sono poche le aziende che hanno intrapreso la nuova strada capace di creare quel valore aggiunto che può permettere di fare redditività e creare occupazione.