La morale del tornio
La morale del tornio

Pubblichiamo un estratto del volume “La morale del tornio” (Egea, 2015) di Antonio Calabrò. Un viaggio nell’universo produttivo italiano.

di Antonio Calabrò

[…] È utile o inutile leggere Anna Karenina, ascoltare la Prima Sinfonia di Brahms, fermarsi davanti al Ritratto d’ ignoto marinaio di Antonello da Messina, dedicare una sera a rivedere Il Gattopardo di Visconti o andare a teatro per il Mercante di Venezia di Shakespeare? Per un uomo o una donna d’impresa è tempo perso, improduttivo o no? La domanda è naturalmente un po’ oziosa e provocatoria. Potremmo rispondere che capire il gioco delle emozioni o l’ironia di un sorriso aiuta a gestire risorse umane complesse, il miglior capitale di un’impresa che non voglia ridurre le persone alla banale contabilità degli head count. O che niente meglio delle pretese di Shylock (una libbra di carne viva, come insopportabile sanzione di un debito scaduto) spiega la stupidità di certe leggi cosiddette di mercato. Ma forse vale la pena andare oltre questa pur essenziale idea dell’utilità indiretta.

E ragionare con un minimo di leggerezza (dote fondamentale, peraltro, in tempi così incerti e rapidamente mutevoli, come hanno ben insegnato Kundera e Calvino) su quali attitudini servano, oggi, a una persona che, nel cuore dei processi economici, intenda governare a livelli di responsabilità un’azienda, senza farsi travolgere dal produttivismo e dell’utilitarismo di breve periodo e di corto respiro, ma sapendo pensare coerentemente allo «sviluppo» sostenibile.

Sostenibile ambientalmente, socialmente e soprattutto destinato ad avere sostanza nel tempo lungo. Ecco una prima considerazione: il tempo. Materia di filosofi e letterati, ma anche di fisici e altri scienziati, dalla relatività e dalla fisica quantistica in poi. Il produttivismo dice: fabbricare tot pezzi in tot minuti. Quantità, insomma. Ma la competizione più sofisticata si gioca soprattutto sulla qualità. E qui l’intreccio tra cura del dettaglio, design, innovazione delle tecnologie, capacità di cogliere il gusto più esigente hanno un peso determinante. Cultura, appunto. Fare bene cose belle, sicure, funzionali. Coniugare con originalità forma e funzione (la Lettera 22 voluta da Adriano Olivetti, un freno in ceramica e polvere di diamanti della Brembo,
il battistrada di uno pneumatico da neve di Pirelli […]). Costruire e dare al mercato oggetti che siano adatti al tempo che cambia, capaci addirittura di prefigurare il futuro […].